Le botaniche del gin: profili organolettici e curiosità

micro distilleria

 

Le botaniche in una ricetta di gin cambiano a seconda di molti fattori.

Le scelte che il mastro distillatore farà per trovare la propria ricetta di botaniche, ma anche per selezionare il processo produttivo, variano in funzione del profilo organolettico e degli aromi che si desidera siano presenti nel prodotto finale.

Spesso si passa anche attraverso processi di trial-and-error e sperimentazione per ottenere l’esatta concentrazione desiderata per il prodotto finale. In questo articolo partiremo da una definizione di gin per poi affrontare le botaniche più comuni nei gin.

 

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Una definizione di “gin”

La normativa UE 2019/787 dell’Unione europea è molto dettagliata per quanto riguarda la produzione di gin: una bevanda può essere denominata “gin” solo se è prodotta mediante aromatizzazione di alcool etilico di origine agricola, che sia accettabile dal punto di vista organolettico e con un titolo alcolometrico iniziale di 96% ABV. Serve inoltre che tra le botaniche il ginepro sia la predominante. C’è anche la possibilità che un gin venga ottenuto con l’aggiunta di essenze o aromi all'alcol etilico, e in tal caso prende il nome di “gin composto”.

Inizieremo presentano le quattro principali botaniche usate nel gin, ovvero bacche di ginepro, semi di coriandolo, bucce di agrumi e radice di giaggiolo.

 

Le 4 botaniche più comuni per il gin

 

1) Bacche di ginepro

Cuore del gin, le bacche di ginepro hanno uno storico impiego medicinale, al punto che si crede che i primi gin fossero concepiti come cure. Scientificamente sono in effetti note per avere un effetto diuretico.

Tra le 70 specie di ginepro che conosciamo, solo 10 sono usate nella produzione di gin, con predominanza assoluta del Juniperus communis (ginepro comune).

La frazione oleosa delle bacche di ginepro, come in ogni altra botanica, è la portatrice del profilo organolettico. È in gran parte composta da idrocarburi terpenici come α e β-pinene, che sono gli stessi aromi del pino, oltre al mircene, che è presente anche nel luppolo. Inoltre abbiamo il limonene, tipico degli agrumi, e il sabinene, come nel pepe nero. Le bacche di ginepro costituiscono almeno il 50% della maggior parte delle ricette, o meglio: per ogni litro di alcool al 50% ABV caricato nell'alambicco, servono tra 10 e 30 g di sostanze botaniche. Di questi 10-30 g, il ginepro di solito costituisce almeno il 50% o più, ma questo varia in base allo stile e al produttore.

Per quanto riguarda la provenienza di questa botanica, la maggior parte del ginepro comune utilizzato nella produzione culinaria e in distilleria proviene dall’Europa dell’Est, con piccole variazioni nella quantità di terpene dovute alle specificità del territorio di provenienza.

Il ginepro deriva perlopiù da una raccolta in ambiente selvatico, il che dona dei raccolti di bacche in età e forme diverse: nere e viola morbide e mature, quelle più vecchie, e dure e verdi le nuove.

Quando le bacche di ginepro arrivano in distilleria, bisogna accertarsi che siano di un grado di maturazione omogenea, di una durezza tale da poter essere schiacciate tra le dita.

 

Juniper

 

Conservazione delle bacche di ginepro

 Le bacche di ginepro non sempre arrivano in distilleria confezionate sottovuoto, quindi bisogna agire quanto prima per rimetterle nelle loro condizioni di conservazione ideali: la temperatura ideale è di 4-12°C, l’umidità relativa del 50-75%.

In ogni caso, le bacche dovrebbero essere utilizzate nella produzione il prima possibile.

 

Attenzione: alcune varietà di ginepro, come il ginepro sabina, sono velenose e vanno quindi accuratamente evitate.

 

2) Coriandolo

 

I semi di coriandolo sono il secondo elemento più utilizzato nel gin. Si tratta di un elemento ricco di terpeni come il linalolo e il pinene, in grado di conferire un sapore limonoso. Nelle varie ricette ricopre la funzione di nota leggera principale per bilanciare robustezza e la ricchezza del ginepro.

In generale, le piante provenienti da Paesi più caldi hanno semi più grandi e con un contenuto di olio volatile più basso (fino allo 0,4%), mentre i semi più piccoli ne contengono fino all'1,8%.

È molto ricercato il profumo floreale di questo olio volatile (il cui componente principale è il linalolo), che in combinazione con gli altri volatili presenti nei semi di coriandolo crea l’aroma di agrumi e fiori.

Occasionalmente vengono utilizzate anche le foglie di coriandolo, ma in misura inferiore rispetto ai semi.

 

Semi di coriandolo

 

 

3) Agrumi

 

Agrumi

 

Come botaniche del gin vengono utilizzate soprattutto bucce essiccate di limoni e arance (amare o dolci), e a volte anche di lime e pompelmo, con il quantitativo medio attorno al 10% del contenuto totale di ginepro.
Va detto che la buccia dell’agrume presenta diverse parti (esocarpo, metacarpo ed endocarpo, partendo dall’esterno), ma la più importante per la distillazione è senz’altro l’esocarpo: qui si concentrano le sostanze oleose (limonene, linalolo, mircene, α e β-pinene) e qui troviamo l’aroma caratteristico di tutti gli agrumi.

La raccolta delle bucce di agrumi per l'industria del gin è svolta manualmente da operai o da macchinari specifici che pelano in un’unica striscia l’esocarpo, per poi lasciarlo asciugare al sole. Una volta essiccate, queste strisce vengono macinate in scaglie (metodo più comune) o in polvere.


 

 

 

4) Radice di giaggiolo

Derivata dall’Iris Germanica o Iris Pallida, la radice di giaggiolo ha un aroma floreale e leggermente legnoso, ma è per lo più utilizzata come stabilizzatore dei composti volatili in una miscela.

Questa radice viene usata principalmente perché è in grado di rendere meno volatili gli altri odori. Questo effetto, dovuto all’irone, si attiva solamente dopo aver essiccato il rizoma almeno un paio d’anni.

L’irone è un olio essenziale dal caratteristico profumo di violetta che entrò a far parte, come correttivo, in moltissime preparazioni farmaceutiche e in alcuni dentifrici.

 

 

5) Altre sostanze botaniche degne di nota

 

Liquirizia

La radice di Glycyrrhiza glabra è un antichissimo dolcificante, grazie al suo alto contenuto di glicirrizina, dotata di 30-50 volte la dolcezza del saccarosio.

Una piccola percentuale di liquirizia dona alla produzione di gin un piacevole retrogusto di anetolo, lo stesso composto del finocchio e dell’anice.

 

Cardamomo

I semi di cardamomo provengono dai baccelli della pianta Eletarria cardamomum e sono ampiamente utilizzati in India e in Medio Oriente. Il cardamomo verde, il più utilizzato nella produzione di gin, ha un aroma pungente e resinoso, mentre il cardamomo nero (Amomum subulatum) ha un aroma più affumicato e leggermente mentolato.

 

liquirizia

 

Angelica

Tra le botaniche più comuni abbiamo l’Angelica, utilizzata per la sua radice, ma qualche volta anche i semi e i fiori. Si tratta di un gruppo di piante originarie delle regioni temperate dell'emisfero settentrionale.

Le quantità utilizzate comunemente per il gin sono basse, quindi il loro aroma di erbe, terra e legno è quasi indistinguibile. Come per la radice di giaggiolo, è usata principalmente perché dona stabilità al distillato.

Angelica

 

Corteccia di cassia

La corteccia di cassia è parente della cannella, si trova perlopiù nello Sri Lanka ed è nota come "cannella cinese".

Si ricava staccando strisce di corteccia dall'albero, che vengono poi essiccate. Il suo specifico aroma, molto simile alla cannella, è dovuto all'aldeide cinnamaldeide che costituisce circa il 90% della frazione volatile dell'olio.

La cassia ha un aroma forte, penetrante, senza l’accento di dolcezza caratteristico della cannella. Viene usata nei gin per conferire una nota particolarmente speziata.