La qualità del prodotto finale di molte industrie è diretta misura dello stato di salute, e quindi della presenza di microrganismi. Un discorso che vale per una distilleria, ma anche per cantine, birrerie o industrie alimentari, e che rende necessario introdurre l’argomento dei sistemi di cleaning in place (spesso abbreviati nella forma “CIP”).
In questa breve guida vedremo nel dettaglio cos’è un sistema di Cleaning in Place - la “pulizia senza smontare” - e quali vantaggi porta in termini di cost-effectiveness ed efficienza.
Per farlo, inizieremo da tutte le implicazioni che l’igiene ha, in particolare su distillerie, birrerie e cantine.
Indice
Cosa intendiamo con “igiene”
La World Health Organisation definisce l’igiene come le “condizioni e procedure che aiutano a mantenere la salute e prevengono la diffusione delle malattie”.
Le implicazioni di una incorretta gestione dell’igiene in una distilleria, birreria, cantina o industria alimentare sono molteplici:
- Performance variabili e non ottimizzate nella fermentazione della materia prima.
- Diminuzione della qualità organolettica del substrato fermentato, con impatto diretto sulle caratteristiche del prodotto.
- Ambiente di lavoro meno sicuro (e.g. pavimenti scivolosi a causa di sversamenti).
- Scarsa resa in alcol.
Attenzione: I microorganismi sono continuamente presenti negli ambienti e apparecchiature degli impianti. Non si parla solo di quelli presenti nell’ambiente, ma anche di quelli introdotti con la materia prima: cereali, uva, melasso, etc. hanno tutti un naturale contenuto di microrganismi.
Fortunatamente i microrganismi patogeni (ovvero dannosi per la salute) non sopravvivono alla fase produttiva, sia a causa della temperatura che a causa dell’alta concentrazione di etanolo. Tuttavia essi possono avere dei seri impatti sulla qualità del nostro prodotto.
Consideriamo due gruppi di microrganismi: i batteri e i lieviti selvaggi
1.1. I Batteri
È impossibile parlare di sistemi cleaning in place senza menzionare i batteri. Molti possono sopravvivere e prosperare nelle fasi di trattamento della materia prima e in fermentazione. I principali sono i Batteri lattici (Lactic Acid Bacteria – LAB), in particolare Lactobacillus (a forma d’asta) e Pediococcus (a forma circolare).
Nella produzione di alcuni distillati (whisky, rum) la presenza di LAB è desiderata per la produzione di alcuni aromi, ma una loro eccessiva quantità non è un risultato auspicabile. Porta infatti alla diminuzione del pH in fermentazione, fermentazioni rallentate o bloccate, e di conseguenza una riduzione di resa e presenza di aromi indesiderati.
Bisogna anche prestare attenzione alla presenza di batteri Enterobacter e Escherichia, provenienti da fonti d’acqua contaminate da materia fecale. Sebbene questi batteri non sopravvivono a contenuti alcolici superiori al 2% ABV e a pH inferiori a 4.6, possono sopravvivere abbastanza a lungo da dare aromi indesiderati (e.g. pastinaca) alla fermentazione.
Altri batteri d’interesse sono:
- Acetobacter e Gluconobacter, che convertono l’etanolo in acido acetico.
- Leuconostoc mesenteroides, presente nel melasso, che può sintetizzare dei destrani (polimero ramificato del glucosio) molto viscosi. Ciò genera problemi di pompaggio e nelle tubazioni.
- Zymomonas, produce aromi indesiderati a partire dal fruttosio.
1.2. I Lieviti selvaggi
Con il termine “lieviti selvaggi” ci si riferisce a qualsiasi lievito che non sia stato inoculato volontariamente nel mezzo di fermentazione. Questo può comprendere anche altri ceppi di lievito che vengono utilizzati in altri processi.
Questi lieviti diversi possono:
- produrre differenti aromi durante la fermentazione
- avere rese di fermentazione variegate
- potenzialmente, anche interferire ed inibire il processo di fermentazione vero e proprio.
1.3. Gestione del contenuto di microrganismi
Fortunatamente non abbiamo bisogno di distruggere tutti i microrganismi, ma è sufficiente ridurre il loro numero ad un livello compatibile con l’efficienza del processo e la qualità del prodotto, e mantenere il loro livello stabile. Questa condizione viene ottenuta attraverso processi di pulizia di routine, buona progettazione, pratiche igieniche e controllo del processo.
Lo scopo della pulizia è quello di rimuovere i microrganismi, ma anche ogni fonte di nutrimento disponibile dalle apparecchiature e dalle tubazioni. Il sistema di cleaning in place (CIP) è molto diffuso proprio per la sua estrema versatilità, che gli consente di essere applicato a tutti questi diversi usi.
2.1. Che cos’è la cleaning in place
l processo di Cleaning In Place (CIP) è definito come “il processo di pulizia dell’interno di una apparecchiatura di processo senza la rimozione o lo smontaggio di parti dell’apparecchio stesso”.
I sistemi Cleaning In Place (CIP) installati nelle distillerie, cantine, birrifici e industrie alimentari moderne sono sistemi chiusi che effettuano la pulizia delle sezioni di impianto con differenti livelli di automazione. Ciò permette una pulizia sicura, efficiente e cost-effective dove in alternativa sarebbe necessario una complessa operazione di smontaggio delle apparecchiature e pulizia manuale.
2.2. Come determinare l’efficacia della cleaning in place
L’efficacia di un sistema CIP dipende principalmente da quattro fattori: azione meccanica, prodotti chimici, temperatura, durata del cleaning in place
Questi quattro fattori devono essere considerati complessivamente: l’eventuale riduzione in uno dei quadranti nella cleaning in place deve essere bilanciata aumentando uno o più degli altri fattori.
2.2.1 Azione meccanica
Con azione meccanica si intende la rimozione fisica della contaminazione mediante l’azione della pressione o delle forze generate da un flusso turbolento. All’aumentare dell’azione meccanica la pulizia diventa più efficace e quindi più rapida.
In distilleria/cantina/birrificio questa azione viene condotta mediante flussaggi di liquidi di pulizia ad alta velocità nelle tubazioni e grazie all’uso di ugelli di pulizia ad alta pressione nei serbatoi.
2.2.2 Prodotti chimici
Il tipo, la formulazione e la concentrazione dei prodotti chimici di pulizia sono importanti. L’efficacia dei detergenti viene aumentata mediante l’aggiunta di composti che incrementano la bagnabilità e il potere sequestrante, ovvero l’abilità di legarsi agli ioni metallici che causano incrostazioni.
2.2.3 Temperatura
La corretta temperatura di utilizzo di un detergente ne massimizza l’efficacia. Solitamente all’aumentare della temperatura aumenta l’attività della sostanza, ma una temperatura troppo alta può provocare la decomposizione della sostanza, causando inoltre la precipitazione delle sostanze solide in essa disciolte.
Una temperatura eccessivamente alta può “cuocere” le sostanze da rimuovere, rendendole ancora più difficili da pulire.
2.2.4 Durata della cleaning in place
Il tempo è solitamente la risorsa più preziosa e quindi più limitata nei processi di pulizia: deve essere massimizzato il tempo di produzione. Perciò, la necessità di rapidi cicli di pulizia viene solitamente compensata aumentando l’impatto degli altri tre fattori del sistema CIP.
Design dei sistemi CIP
Nella fase di scelta e progettazione/design del sistema CIP, bisogna tenere presente alcuni importanti fattori:
- Installazione centralizzata vs decentrata: bisogna innanzitutto considerare dell’estensione dell’impianto, della presenza di più sezioni che richiedono l’uso del CIP, dei volumi delle apparecchiature da pulire. In secondo luogo, bisogna valutare l’efficacia gestionale ed economica di una unica sezione CIP centralizzata. Oppure, in alternativa, molteplici sezioni più piccole e collocate in prossimità delle apparecchiature da pulire.
- CIP singolo uso vs CIP multi uso: nello schema a singolo uso le soluzioni detergenti e di risciacquo non vengono ricircolate, recuperate e riutilizzate, come invece si fa nello schema multi uso. Il reagente ricircolato - ovviamente - contiene anche dei solidi rimossi durante il processo di pulitura. Quindi, per aumentare la vita del detergente è possibile anche prevedere dei filtri in linea (tipica dimensione della maglia: 400 micron).
3.1. Punti morti
Sia nella fase di progettazione di un nuovo impianto, sia nell’esercizio di un impianto esistente, è importante analizzare la quantità e le caratteristiche dimensionali dei “punti morti”.
I punti morti sono quei tratti di tubazione dove è possibile che il liquido ristagni e la soluzione di lavaggio non abbia facile accesso. I microrganismi che si accumulano e ristagnano in questi punti vengono interessati marginalmente dalle procedure di lavaggio, e quindi diventano fonte di contaminazione nelle produzioni successive.
Lo sviluppo complessivo delle tubazioni è spesso molto grande, così come il numero di valvole, strumenti e diramazioni. È possibile identificare le criticità solo dopo un’attenta analisi delle fasi di produzione e trasferimento dei liquidi, assistita da un’approfondita conoscenza dell’impianto e del processo.
Nei casi più complessi, strumenti quali la modellazione 3D e gli studi CFD (Computational Fluid Dynamics – Fluidodinamica computazionale) aiutano a comprendere l’impatto del CIP sulla pulizia delle tubazioni e apparecchiature.